Il Kendo è una disciplina delle arti marziali giapponesi che si è evoluta dalla versione sportiva di altre tecniche di combattimento in cui viene utilizzata la Katana. Una sorta di arma utilizzata dai samurai nel Kenjutsu, infatti il nome Kendo nasce dall’unione di due nomi Do che vuol dire “La via” e Ken che sta per “della spada”. In effetti la frase “Il cammino della spada” indica proprio il concetto base del combattimento giapponese. Questo perché la spada insieme ad altre discipline come il tiro con l’arco ed equitazione sono stati i tre sport di maggiore interesse per preparare alla base i militari dei diversi clan che si contendevano i territori. Sicuramente ciò che ha influito nell’evoluzione di questo sport, o per meglio dire arte, è stato il Buddismo Zen. Era importante per la vita del combattente durante le battaglie, una sorta di vittoria interiore ed esteriore per i combattimenti individuali. Poi come avviene per molti settori si avvicina l’evoluzione, che serve a migliorare e facilitare lo sport. Il prezzo delle Katane comunque non è neanche così eccessivo, infatti non supera mai i 100 euro. Ma oggi per esercitarsi al posto delle katane si usano spade di legno per i Katà mentre per gli esercizi più semplici viene utilizzato lo Shinai. In pratica è composto da quattro stecche di bambù, anche l’armatura è più robusta chiamata Bogu.
Questa ha una copertura di testa, al di sopra di un fazzoletto che viene legato alla testa, poi una per il volto e ovviamente anche di spalle e glottide. Per quanto riguarda il busto invece c’è un corpetto rigido che va a completare un ulteriore fascia rigida intorno ai fianchi. Anche le mani sono protette, da guanti molto rigidi. Quest’arte marziale non viene vista dai giapponesi come una vera e propria tecnica di combattimento ma come un vero e proprio percorso di crescita personale. Infatti la loro psicologia punta sulla riconoscenza dei kendoka, ovvero coloro che praticano il Kendo. I duellanti devono essere grati ai compagni che li colpiscono perché chi colpisce mostra all’avversario quali sono i suoi punti deboli. Di conseguenza si deve rispondere con ulteriori colpi che mostrano spirito di generosità. A differenza di altre arti marziali non si pratica su alcun tappeto bensì su un pavimento di parquet, ulteriore motivazione che spiega la robusta armatura. Anche il saluto non è unico, bensì triplice, sia all’inizio che alla fine, al Dojo, ai Compagni e al Maestro.